Intervista al fotografo Luigi Gattinara
Umile, generoso, umorista, Gattinara viene ricordato nel campo della comunicazione per immagini e per la sua grande umanità.
Ha qualche ricordo della sua infanzia?
Le mie origini sono piemontesi, la mia famiglia era di Torino ma io sono nato a Roma e per me è stata una fortuna perché fin da bambino ho vissuto con la luce di Roma che è una luce molto particolare. Ho sempre amato la fotografia. Quando ero piccolo andavo con una piccola macchina fotografica, la Commet 2, sulle rive del Tevere a fotografare piccoli oggetti che prendevo da casa come ad esempio l’orologio di nonno. A quel tempo non fotografavo le persone perchè sostenevo e sostengo anche adesso che le persone hanno un’anima mentre le cose no e quindi ho sempre preferito dare la mia anima alle cose.
Dunque ha iniziato giovanissimo a fotografare object trouvé (Oggetto naturale o di uso comune dalle particolari caratteristiche estetiche, trovato casualmente ed esposto come opera d'arte o come elemento di un'opera d'arte, NdR) sul Lungotevere. Perché era così attratto dalla fotografia?
La mia passione per la fotografia nasce da giovanissimo, ma si consolida durante gli anni del Liceo Artistico. L’immediatezza di fissare un’emozione su un ‘supporto’ come si trattasse di un foglio o una tela mi affascinava.
Parlando di “tela” sappiamo che lei è particolarmente affascinato dalla pittura fiamminga.
Si, oltre ai miei consueti lavori di carattere pubblicitario mi sono dedicato alla “fine art” ovvero un’arte sviluppata solamente per un fine estetico.
Nel settembre 1989 ho esposto tredici nature morte ispirate per l’appunto alla pittura fiamminga venendo definiti “Scatti su tela”.
Come si rimane fedeli a sé stessi artisticamente?
L’amore e la passione per il proprio lavoro sono due tra i tanti modi per rimanere fedeli a sé stessi, sia nella quotidianità professionale sia in quello più personale in cui ritrovo il mio ‘percorso artistico’.
Lei è stato diversi anni a Caracas... Cosa rimane di questa esperienza di vita nella sua ricerca artistica?
Nel 1977 mi trasferii a Caracs lasciando così il mio studio a Roma ed aprii il mio nuovo studio rimanendovi otto anni. In quel Paese dove la vita era totalmente diversa da quella frenetica di Roma, presi subito consapevolezza che aleggiasse nella vita di tutti i giorni una forma diversa di tempo, quasi fosse dilatato ed è stato proprio in questo non rincorrerlo che ho trovato lo spazio per cominciare il percorso sulle mie ‘nature morte’. Riuscivo a fotografare senza usare la macchina fotografica, perché le sensazioni erano tali e intense che le migliaia di fotografie virtuali diventarono un incredibile archivio mnemonico impresso nella memoria che ancora oggi conservo gelosamente.
Uno dei suoi più importanti progetti a livello nazionale è stata la Triennale di Fotografia.
La prima edizione di questa manifestazione si è tenuta nel 2017 a Venezia, precisamente a Palazzo Zenobio. L’intento di questa manifestazione culturale ed artistica è in primo luogo avere la possibilità per il grande pubblico di visionare opere fotografiche di altissimo livello (123 fotografi e più di 200 opere esposte) e inoltre riportare sulle scene italiane e non la fotografia italiana molto spesso sottostimata anche nel nostro paese.