Intervista a Maria Petrucci, pittrice e scultrice di Toffia
Maria Petrucci è originaria di Toffia, dove tuttora risiede. Con un video pubblicato sulla piattaforma del Tgcom24 per il format Arte in quarantena, la pittrice e scultrice della scuderia di Spoleto Arte risponde così alle nostre domande. Nata sul finire degli anni Trenta, Maria Petrucci intende ora lasciare al suo comune, in regalo ai suoi concittadini, il suo museo.
A breve uscirà il servizio a lei dedicato del Tgcom24 per il format “Arte in quarantena”. Cosa ne pensa di quest’iniziativa?
In questo momento in cui sembrano esistere solamente dolore e incertezze, portare nelle case della gente l’arte che viene dall’inconscio è un buona cosa, dà speranza.
Nel suo percorso artistico si è dedicata tanto alla pittura quanto alla scultura. C’è un’opera a cui è particolarmente legata?
L'estro non privilegia l’una o l’altra forma artistica, fa emergere spontaneamente quello che in quel momento ho in mente e nell’inconscio, infatti non faccio disegni o bozzetti preparatori. Chiedermi se privilegio in particolare un’opera è come dire a una mamma quale figlio preferisce: per me sono tutte uguali.
Quanto c’è di Toffia e della sua gente nei suoi lavori?
I soggetti non li penso, vengono, sono fine a se stessi e sono stati realizzati quasi tutti quando vivevo nei pressi di Mantova. Di Toffia probabilmente c'è la nostalgia. Una volta tornata, più che altro mi sono dedicata al paese che amo e donerò al Comune di Toffia, per i concittadini, il mio Museo.
Ci sono degli artisti che l’hanno particolarmente influenzata?
Faccio una premessa: ho molta fede in Dio, mi sono appellata sempre a Lui con tutte le forze e Lui mi ha aiutata a superare ogni dolore. Dio e l’arte non mi hanno mai tradito. Stranamente, sono entrata nel mondo dell’arte che non avevo mai sfogliato un catalogo o visitato una galleria. Cominciai con l’ambizione di fare dei quadri per la mia casa. Andando avanti, supportata da una spinta interiore, non mi è venuto in mente che potevo guardare a qualche pittore o scultore.
Nella sua vita ha assaporato molte soddisfazioni e tanti dispiaceri, tuttavia si è dimostrata sempre molto forte di fronte alle avversità. Che cosa si prova quando un critico le viene a dire di “cambiare mestiere”, cioè di passare dalla pittura alla scultura?
Ero così ignorante per capire… Con la pittura ero lanciata a livello nazionale, mentre avevo fatto solamente una scultura, quella esposta nella mostra a cui si fa riferimento quando mi venne detto questo. A me andava bene passare da un’espressione all’altra, ma costui dettava legge, mentre io desideravo continuare così, non avendo grandi pretese.
Come ha conosciuto Spoleto Arte e il suo presidente?
Nel 2014 mi arrivò un’email dall’associazione Spoleto Arte a cura di Vittorio Sgarbi, per una mostra a Palazzo Leti Sansi, a Spoleto e aderii. Un mio amico mi accompagnò, portavo in mostra una scultura.
Non sapevo allora che il signore che presentava l’evento ‒ mi sembra portasse una camicia azzurra ‒ fosse il Presidente. Apprezzai il suo modo di fare, nacque in me un’immediata simpatia che si è consolidata a Maranello e quando gentilmente venne a trovarmi nel museo a Toffia.